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La diffusione capillare di internet nelle nostre case ha avuto un effetto epocale sulla percezione del tempo e dello spazio. Ci siamo trovati capaci di frequentare tante stanze virtuali quante ne vogliamo gestire, entrando in contatto con migliaia di sconosciuti. 

Durante la pandemia questi strumenti ci hanno salvato da ulteriore isolamento, ma siamo stati costretti a usarli. Cosa ha significato per la mente umana?

La comunicazione a distanza non è un’invenzione di internet. Il telegrafo, la radio e il telefono hanno velocizzato enormemente le comunicazioni epistolari, ma sono strumenti che non ci fanno interagire con molte persone contemporaneamente.

Le relazioni sociali, l’opinione pubblica, i movimenti di protesta sono solo alcuni degli aspetti dell’interazione umana che il digitale ha interessato profondamente. L’aggregazione, assumendo connotati incorporei, si è ampliata a molte attività che non richiedono la presenza fisica. 

Non vogliamo certo affrontare tutti i cambiamenti sociali che la tecnologia digitale ha portato, ma è giusto interrogarsi, specialmente a seguito della pandemia, su quali siano gli effetti prolungati di questo doppio standard (fisico e incorporeo) della socialità umana.

Fiatone da videocall

Le interazioni mediate da computer sono da anni oggetto di studio, ma non avevamo mai sperimentato prima una loro predominanza forzata nella nostra vita di tutti i giorni.

In questa situazione inedita, abbiamo visto forme di didattica a distanza per il sistema scolastico, riunioni in videochiamata e lavoro a distanza che ha cambiato abitudini, interazioni e panorama di intere città.

L’essere umano ha dovuto fare i conti con un uso crescente dei computer e un calo drastico delle occasioni di contatto. Studiare e lavorare è diventato complicato a causa del confinamento coi propri famigliari, della scarsa dotazione tecnologica e della mancanza di orari definiti.

Al contempo, lo sport e le attività all’aria aperta si sono affermate grazie al bisogno di evadere dal confinamento e dalla “Zoom fatigue”, la stanchezza data dallo stare perennemente connessi ad amici e colleghi attraverso la videochiamata.

Non è uguale

In un contesto già piuttosto stressante per il corpo e la mente, abbiamo chiesto al nostro 

cervello di imparare nuove forme di empatia, di aggregazione e di comprensione dell’altro. 

Non siamo certo nuovi a questo fenomeno: l’interazione umana “di persona” è ancora preferita da molti perché è decisamente più facile rispetto a comunicare per telefono o tramite il testo, ad esempio sui social network.

Ci sono enormi differenze tra il parlato e lo scritto, dovute ad esempio alla flessione della voce o alla presenza degli interlocutori. 

Benché la rapida scrittura di internet sia un ibrido tra oralità e testo, non sostituisce l’efficacia dell’incontro di persona.

Nonostante i vantaggi dell’accelerata tecnologica che il covid ci ha costretto a intraprendere, è chiaro che non è possibile pensare a un sistema governato dalle modalità di aggregazione che abbiamo sperimentato nell’ultimo anno.

Ritornare al nuovo

La pandemia ha reso il processo di adozione tecnologica molto più brusco. Nonostante la sofferenza sociale causata, questo potrebbe non essere un male. Invece di abituarci gradualmente, abbiamo sperimentato l’infelicità e la sofferenza di vivere perennemente connessi.

Forse c’è speranza affinché su questa bilancia tornino a pesare aspetti della vita umana spesso trascurati.

Zeynep Tufekci è una sociologa di origine turca che insegna all’università del North Carolina. Molto attenta alla sicurezza e alla prevenzione del contagio, ha però sottolineato l’importanza di lasciare aperti i parchi pubblici, pur regolando l’ingresso.

In tempi di profonda incertezza sociale e circolazione del virus, infatti, l’esposizione al sole e l’attività sportiva sono strumenti fondamentali per rafforzare il sistema immunitario e combattere attacchi di ansia e depressione.

Inoltre, la possibilità dei giovani di stare in compagnia, componente fondante della loro identità, presenta meno rischi per la salute all’aperto che di nascosto, in un piccolo appartamento.

Man mano che adotteremo sistemi che ci consentono di rimanere in casa, sarà sempre più importante insistere sulla riscoperta dello spazio pubblico, in modo da mantenere gli elementi fondamentali della salute psicofisica degli individui e delle comunità.

Riusciremo a trovare un equilibrio? La nostra casa diventerà l’unico centro di contatto con l’esterno? Come vivremo il ritorno a una socialità fisica?

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