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Blade Runner è bello, ma non ci vivrei

da | Analogico e Digitale

Los Angeles, 2019. Un luogo e una data, ma anche la prima scritta a schermo di Blade Runner, il film di Ridley Scott del 1982. La distopia del classico sci-fi ha elementi ormai superati, ma la sua visione sul destino climatico del pianeta non sembra invecchiata affatto.

Nel futuro prossimo il nostro clima potrebbe somigliare molto a quello disastroso del film cyberpunk. Ironia della sorte, la tecnologia sta accelerando questo processo invece di ostacolarlo.

Fumare negli uffici e leggere i giornali di carta sotto la pioggia può essere parte di un immaginario 2019 che oggi non ci appartiene; le piogge continue, la notte perenne data dalla cappa di smog, la desertificazione, l’estinzione degli animali, invece, sono dietro l’angolo. 

Le tecnologie digitali che trent’anni fa erano fantascienza oggi esistono, ma richiedono una quantità di energia elettrica enorme e in continuo aumento. L’infinità di servizi e tecnologie al nostro servizio sta accelerando il declino dell’ecosistema in cui viviamo.

Distopia e sobrietà

Le tecnologie digitali sono considerate fondamentali per il progresso economico, scientifico e sociale: i loro costi possono essere alti, ma nessuno si tirerà indietro per paura di perdere la corsa alla digitalizzazione.

The Shift Project ha calcolato nel suo rapporto Lean Ict – Towards digital sobriety che il consumo delle tecnologie di informazione e comunicazione cresce del 9% ogni anno. Un tasso insostenibile, che pone un serio problema.

Operazioni in banca, tweet, messaggi su whatsapp, persino le campagne di crowdfunding per l’ambiente: ogni minuto in cui teniamo accesa la grande rete ci avvicina al collasso ambientale. 

E le criptovalute? Per estrarre un dollaro in bitcoin serve più del doppio dell’energia con cui si estrae un dollaro d’oro. Un server consuma il doppio di un frigorifero delle stesse dimensioni. Un’ora di videocall, invece, come un’ora per due frigoriferi.

Le intelligenze artificiali, poi, potrebbero avere effetti molto più immediati di quanto l’astrazione potrebbe portarci a pensare: per creare modelli di elaborazione del linguaggio umano serve un grande sforzo computazionale ed energetico.

Un costo non per tutti

Blade Runner 2049, ambientato trent’anni dopo il primo, abbandona il noir per mostrare scenari più vicini alla nostra situazione attuale.

L’agente K indaga in immense distese di rifiuti, abitate da raccoglitori alla fame. Ad Agbogbloshie, in Ghana, esiste già la più grande cyber-discarica al mondo, dove persone di tutte le età si avvelenano nel tentativo di recuperare materiali preziosi.

Nel film, Las Vegas è abbandonata per desertificazione, avvolta in una nube arancione molto simile a quelle che abbiamo visto in California nel 2020 a causa degli incendi.

Sempre in Blade Runner, la maggior parte della vita è imprigionata in megalopoli dove la tecnologia fa da barriera verso un ambiente inospitale. Noi, tra data center e condizionatori per combattere gli sbalzi di temperatura potremmo passare dai 200 terawattora ai 1200 terawattora nel giro di pochi anni, costringendo tutti a ricorrere alla climatizzazione e abbassando la qualità della vita media.

Iper-sconnessa

La società digitale iperconnessa non sembra arrestare la sua corsa. Se internet è stato luogo di organizzazione per movimenti a favore dell’ambiente mai visti prima, è anche la causa di una percentuale crescente dei suoi problemi.

È possibile una sobrietà digitale che consenta i benefici moderni senza richiedere un sacrificio così alto?

Forse, dobbiamo ripensare il consumo digitale come qualcosa che ha bisogno di moderazione e visione a lungo termine. Ci impegniamo a consumare alimenti più ecologici e scegliamo trasporti senza combustibile fossile; dovremmo anche costruire una visione consapevole e lungimirante del nostro consumo di energia per il mondo digitale.

Blade Runner è bello, ma non vorrei che si avverasse.

 

 

[Immagine di copertina da Lexica]

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