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Ok, mettiamola così: cosa faremmo se domani tutti i telegiornali annunciassero un’invasione aliena? Se così fosse, si realizzerebbe sicuramente il sogno utopico di tutti gli amanti della fantascienza e dell’ufologia. 

All’atto pratico, però, sapremmo davvero come comportarci in un confronto con una civiltà extraterrestre? 

Di invasioni aliene pullulano le pellicole cinematografiche. Combinazioni di suoni, nuovi alfabeti e strane dita che si illuminano sono alcune delle soluzioni proposte dal cinema in caso di incontro ravvicinato del terzo tipo. 

Ma cosa bisogna fare – all’atto pratico – se davvero arrivano gli alieni?

E se non fossimo soli nell’universo?

Nel 2020 la Marina Statunitense ha deciso di diffondere alcuni video i cui elementi protagonisti sono stati ufficialmente riconosciuti come “UFO”, ovvero come oggetti volanti non identificabili con quelli costruiti e noti al genere umano. 

Questo ha lasciato sottintendere al mondo un messaggio: “Probabilmente non siamo gli unici abitanti dell’universo e queste sono le prove”.

Paesi come il Giappone hanno reagito preparando un protocollo da seguire in caso di contatto diretto con un’altra civiltà, mentre gli USA non hanno mai rivelato espressamente le loro strategie d’azione.

Sicuramente quello che ci aspetta è molto diverso da ciò che si vede in film come Men in Black, anche se non è da escludere l’esistenza di una sezione militare segreta dedicata al diritto Extraterrestre. 

Ci siamo andati vicini

Nel 2017 il primo oggetto di origine interstellare venne avvistato dal telescopio Pan-STARRS-1 situato alle Hawaii. L’oggetto era di forma allungata e di un colore simile al rosso, e fin qui niente panico. Ciò che metteva in allarme gli scienziati erano i suoi veloci spostamenti che non rispondevano alle leggi di Keplero e non sembravano seguire neppure quelli di asteroidi o comete. 

Venne così ribattezzato con il nome Oumuamua, ovvero “messaggero da lontano che arriva per primo” in lingua hawaiana.  L’oggetto non identificato mise in allarme la comunità scientifica di tutto il mondo. Cosa ci stava – letteralmente – venendo incontro? 

Una delle ipotesi più accreditate era quella di una sonda aliena. Ma se così fosse stato, chi si sarebbe seduto al tavolo della trattativa Extraterrestre? Come avremmo potuto capire le intenzioni degli alieni in arrivo? Dovevamo aspettarci conoscenza, caccia alle risorse del nostro pianeta o totale conquista?

A oggi, però, questo pericolo sembra scongiurato. Infatti, gli astrofisici Steven Desch e Alan Jackson, hanno capito che la natura di Oumuamua è quella di un pezzo di un corpo celeste proveniente da un altro sistema e con caratteristiche molto simili a quelle del suolo di Plutone. Questo ne escluderebbe il legame con una civiltà aliena. La sua presenza ha, in ogni caso, fatto nascere diversi interrogativi sul tema del diritto Extraterrestre appunto.

Dobbiamo essere pronti ad affilare le armi o è meglio pensare a una nuova forma di dialogo? 

Questa domanda è il vero fulcro del dibattito. Per il momento, il SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) ha proposto un Protocollo per il Contatto Extraterrestre

nel quale sono inserite una serie di regole che variano a seconda della tipologia di contatto ricevuto. La più importante – e valida in ogni caso di contatto – è quella di informare subito e soltanto gli organi competenti in materia e non scatenare il panico nella popolazione. 

Non sappiamo se mai incontreremo o meno i famosi “omini verdi”, ma possiamo almeno iniziare a pensare a una nuova tecnologia esclusivamente dedicata alla comunicazione con altri possibili abitanti dell’universo? 

Emilia Bifano

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