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Immagina di dover fornire alla pubblica amministrazione i tuoi dati personali “once only”, ovvero una volta sola. 

È uno dei vantaggi della blockchain, una tecnologia usata per tracciare le criptovalute come i Bitcoin e – di recente – anche le opere d’arte elettroniche. Ogni blocco della catena viene infatti aggiornato in tempo reale, così che la proprietà di un’opera rimanga nelle mani di chi la compra. 

Il potenziale dei sistemi informatici avanzati per le democrazie è enorme: la blockchain consentirebbe di abbattere i costi e tempi della burocrazia tradizionale, rendendo più difficile l’evasione fiscale e favorendo un’identità digitale europea per ogni cittadino.

Intelligenze artificiali e algoritmi, poi, sarebbero in grado di offrire modelli digitali dell’ambiente con cui prepararsi ai cambiamenti climatici. Così come sistemi di decisione automatizzati che capaci di valutare cose come rischio assicurativo, mutui e terapie di cura per ogni individuo.

Ci sono, però, diversi limiti e implicazioni nello scegliere un futuro simile. 

I costi ecologici di un sistema interconnesso e perennemente a lavoro sono enormi, se non si raggiunge un’efficienza energetica molto elevata. 

Affidare la valutazione delle persone ai sistemi automatizzati rischia di minare le basi dell’interazione umana, riducendo l’identità a una serie di parametri numerici.

Per sviluppare tecnologie che semplifichino la nostra civiltà, occorre tenere presente dell’influenza che esse hanno su di noi per evitare che plasmino completamente il nostro pensare.

Sono possibili sistemi informatici locali e globali ad alta resilienza? Possiamo mappare e prevedere catastrofi e pandemie? Quali sono i limiti e le vulnerabilità delle tecnologie che abbiamo? Si adatteranno alle nostre vite, o saremo noi ad adattarci a loro?

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