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La disciplina che regola le comunicazioni elettroniche e il mondo digitale è complessa, costantemente in movimento come il mondo che cerca di inscrivere in norme e direttive.

Facciamo un esempio. Se un utente dall’Italia posta su un social network un articolo americano che ha come anteprima la foto di un fotografo francese a cui non ha comprato i diritti, dove è stato compiuto il reato? A chi dovrebbe far causa il fotografo? 

La natura multiforme e senza confini precisi del mondo digitale sfugge alle logiche del diritto tradizionale, che cerca di bilanciare interessi di aziende private e sovranità nazionali.

Tuttavia, l’adozione costante di nuove tecnologie fa sorgere domande e scenari sempre diversi.

Un diritto ibrido

Il diritto alla privacy, regolato da molte direttive, è costantemente messo a rischio dai metodi con cui vengono raccolti i dati degli utenti, con una preoccupante accelerata durante l’emergenza pandemica, a causa della necessità di gestire grandi quantità di informazioni sanitarie.

L’integrazione uomo-macchina con esoscheletri e impianti apre a un diritto ibrido che tenga conto di nuove abilità umane. La capacità di registrare con occhi-telecamera, potenziamenti muscolari per i lavori pesanti, chip per collegarsi ai videogiochi.

Per non parlare dei viaggi tra i pianeti, quando dovremo porci domande giuridiche inedite sulla proprietà della terra e delle forme di vita con cui verremo in contatto.

Che leggi seguono i cyborg? Riusciremo a garantire a ognuno l’intangibilità dell’io virtuale? Saremo pronti per scoprire cosa ci aspetta nell’universo? Come fa il diritto a tenere il passo?

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