L’emergere della dimensione digitale ha cambiato con una rapidità inaudita gli equilibri di potere contemporanei. Pochi eventi nella storia sono stati in grado di creare mutazioni così profonde nella società, facendo emergere nuove possibilità di controllo. Gli studi di Foucault potrebbero fare luce sulle leve di potere insite nella trasformazione digitale.
Engin Isin e Evelyn Ruppert, ripercorrendo il lavoro del sociologo Michel Foucault, propongono di individuare nell’epoca che va dalla fine degli anni 80 a oggi la nascita di una nuova forma di controllo, che lui chiama “potere sensoriale”.
Essi partono dalle forme di potere precedentemente individuate da Foucault: potere sovrano, potere disciplinare e potere regolatorio, rispettivamente protagoniste dei secoli diciassettesimo, diciottesimo e diciannovesimo. Secondo i due sociologi, la nuova forma di potere non è che una sinergia di queste tre.
Il potere sovrano riguarda l’imposizione coloniale dei grandi imperi, la coercizione della persona e la definizione di confini nazionali netti. Il potere disciplinare prevede il controllo tramite l’incarcerazione, l’insegnamento della disciplina e delle regole. Il potere regolatorio pone il corpo umano, le sue funzioni e il suo benessere al centro del monitoraggio.
Secondo i due studiosi, la loro esistenza si è manifestata anche durante l’emergenza Coronavirus con la limitazione agli spostamenti e la chiusura delle nazioni; le ferree procedure di igiene e auto-isolamento; la visione del corpo umano in qualità di pericolo per l’altro, calcolato con il fattore di contagio R.
Proprio durante la pandemia, sembra essere emerso il nuovo potere sensoriale contenitore di tutti i precedenti sistemi di controllo declinati nella loro forma digitale.
Sensori, sensori ovunque
Perché chiamarlo potere sensoriale? La capacità di questa quarta forma di controllare grandi masse di individui e sfruttarle per l’accumulo di capitale dipende dalla miriade di sensori, traccianti e algoritmi che monitorano e raccolgono costantemente dati sulle persone.
Il potere sensoriale risalirebbe agli anni ‘80, in cui la tecnologia dei computer iniziava a essere personalizzata, miniaturizzata e diffusa affermando la logica dei servizi basati sui dati. Con il tempo, infatti, il funzionamento di ogni settore della società ha iniziato a dipendere dalla raccolta di dati tramite gli strumenti di tracciamento delle persone e dei loro movimenti, bisogni e sensazioni.
Se per Foucault era chiaro che le forme di potere avevano successo quando consentivano di accumulare capitale tramite il controllo di miriadi di persone, è davvero utile per noi oggi interpretare il presente sulla base del suo lavoro.
Le tecnologie a disposizione dei colossi di internet hanno, infatti, consentito loro esattamente questo: l’accumulazione di capitale di cui parla Foucault, sviluppando strumenti avanzati ora accessibili anche agli stati nazionali in grado di regolare, disciplinare e governare la persona con precisione inedita.
Cluster of puppets
Cosa si intende per sensoriale? Gli autori si riferiscono ai sensori come alle tecnologie per identificare e rendere le persone percepibili attraverso i dati digitali. Qualche esempio include le transazioni bancarie, le ricerche internet, i click e il tracciamento GPS.
Foucault ci insegna che non dobbiamo immaginare il potere come centralizzato nei tribunali e nelle stazioni di polizia, ma presente in tutte le strutture istituzionali, dagli ospedali alle prigioni, dalle scuole ai luoghi di lavoro. Tutti luoghi interessati ora dalla trasformazione digitale, la cui capillarità ben si sposa con la sua visione di un micro-potere.
Se nelle forme di potere precedenti gli strumenti di controllo erano le colonie, i confini, le nazioni e poi prigioni, fabbriche, ospedali e ancora la classe sociale, il genere, l’età, la razza, il digitale consente di utilizzare ognuno di questi dati in comodi pacchetti densi di significato: i cluster. Così, ogni definizione e strumento è facilmente accessibile grazie alla controparte digitale dell’individuo.
Immaginando i cluster come raggruppamenti di dati dal significato simile, appare evidente come l’automazione dei sistemi di controllo e di decisione sulla popolazione non può che ridurre e tendere alla semplificazione dell’umanità e delle sue forme, offrendo sì un potenziale di profitto enorme, ma anche conseguenze su cui è necessario che la nostra civiltà si interroghi.
Persone di vetro, algoritmi opachi
Durante l’emergenza da coronavirus questi sistemi sono stati sperimentati dai governi, a volte in maniera inedita, come risorsa per il bene comune e il controllo della pandemia.
Quello su cui non dobbiamo mancare di interrogarci è la loro adozione in contesti non di emergenza, in cui l’interazione umana rischia di essere rappresentata solo in modo parziale e riduttivo.
Il potere sensoriale, poi, non è infallibile: errori di sistema, perdita di dati, falle negli algoritmi possono portare a grandi debolezze strutturali.
Per funzionare correttamente, il potere sensoriale ha bisogno di un cittadino trasparente, pronto anche all’auto-monitoraggio dei suoi movimenti. Un uomo di vetro che trova di fronte a sé tecnologie private, opache, dagli scopi non chiari, scaturendo in lui una sensazione di controllo unidirezionale che porta sofferenza e sfiducia.
Siamo pronti all’affermazione di un potere basato sui sensori? Come possiamo fare affinché tenga conto dell’individuo, senza che esso si rifugi nelle zone grigie del sistema digitale? È possibile immaginare un futuro funzionale dove il tracciamento costante non sia necessario?