Che sia per la tutela del cittadino o per il valore commerciale dei database aziendali, la sicurezza della rete riguarda ogni aspetto della nostra vita tecnologica.
È difficile immaginare il progresso tecnologico senza pensare allo stesso tempo alla sicurezza informatica. La citiamo spesso nei nostri articoli, ma comprendere quali elementi la guidano e il suo vero scopo è un po’ più complicato.
Per capirci meglio: cambiare le password di frequente e condividere con moderazione le proprie informazioni private è certamente d’aiuto, ma per costruire grandi sistemi sicuri e resistenti servono linee guida più ampie che riguardano il modo stesso in cui concepiamo i dati.
Analizzare grandi database per trarne beneficio economico ha generato un mercato florido e ricco di applicazioni: analisi di marketing, modelli di previsione del comportamento umano, gestione della popolazione e ottimizzazione di processi commerciali e amministrativi.
Tutto quello che è quantificabile è moneta preziosa nel mondo digitale, per cui dovremmo avere più consapevolezza di come gestiamo queste risorse.
Ecco 3 parole da tenere a mente per migliorare il nostro comportamento online in termini di sicurezza.
Disponibili, integri e riservati
Disponibilità, integrità e riservatezza: ricordando queste tre parole possiamo orientarci nel capire come tutelare i dati e il loro valore economico e statistico.
La disponibilità dei dati prevede che essi siano sempre usabili, confidenziali e ad accesso garantito. Certo, monitorare gli accessi ed educare gli utenti a maneggiare i database con cura non sarebbe affatto male per offrire un equilibrio tra comodità d’uso e sicurezza.
Per essere consultati, i dati devono anche essere integri: dovremmo fare in modo che le informazioni non si perdano nelle pieghe dei server, sovrascritte per errore o danneggiate intenzionalmente. In questo senso, la blockchain sembra offrire un esempio promettente su come memorizzare le informazioni in maniera sicura.
Riservatezza dei dati significa, poi, concepire l’informazione come qualcosa da tutelare mitigando i rischi di accesso e utilizzo non autorizzati.
Dobbiamo chiudere proprio tutto?
Sembra presto per porsi questa domanda: in Italia la digitalizzazione arranca anche nel campo della sicurezza e molte aziende rimangono vulnerabili, prive di organizzazione e buone pratiche di sicurezza informatica.
Se per le informazioni private dei cittadini possiamo pensare alla sicurezza informatica come a una maniera per tutelare il diritto alla privacy – sempre più importante e imprescindibile aspetto della civiltà digitale – è anche vero che la sicurezza dei dati non deve portarci per forza verso una privatizzazione totale degli stessi.
Molti ambiti e comunità potrebbero giovare dalla condivisione dei dati: da quella scientifica e medica, a quella dei servizi web, passando poi per la cultura, la stampa 3D e l’informazione.
Non bisogna quindi dimenticare che il potenziale di internet risiede nella sua capacità di condivisione e network: la tutela dei dati è importante, ma non dovrebbe essere svolta in funzione di un sistema chiuso e opaco in cui i codici informatici restano privati e gli scopi economici prevalgono sul benessere comune.