fbpx

L’ibrido mondo dell’informazione digitale

da | Verità Digitale

Alla sua nascita, ogni nuova tecnologia in grado di cambiare il mondo dell’informazione ha ricevuto delle forti resistenze e l’accusa di aver inquinato per sempre la conoscenza umana. È stato così per il libro, la radio, la televisione, internet, ma nessuno di questi sistemi è stato in grado di cancellare i precedenti. Come convivono nell’era digitale?

L’avvento del paradigma digitale, la nostra quasi completa migrazione a fruitori di contenuti su internet, ha senza dubbio segnato l’inizio di un’epoca. Un cambiamento così radicale avrebbe dovuto spazzare via qualsiasi medium preesistente, invece internet è popolato da radio, podcast, giornali e format presi quasi intatti dai media tradizionali.

Questo ragionamento non tiene conto di diversi aspetti fondamentali legati alla natura stessa di internet e della logica (o meglio, le logiche) dei media. 

Internet non è un medium

Ragionare sulla complessità del panorama dell’informazione è più facile se immaginiamo internet come un luogo, più che come un medium che sostituisce i precedenti. 

Senza per questo insinuare che la natura della rete sia di contenitore neutrale che non modifica e non regola i contenuti che su esso vengono veicolati, possiamo così tenere conto del fatto che è possibile trovare un’infinità di format, ibridi o puri, appartenenti alla radio e alla televisione riproposti su internet. È il caso delle candid camera su youtube, delle trasmissioni in diretta, dei podcast e delle rotazioni musicali.

Internet sarebbe dunque un luogo in cui la sua logica di produzione e fruizione dei contenuti ha modificato e ibridato le forme di intrattenimento e informazione precedenti. Ma cosa intendiamo per forme ibride?

Il sistema mediale ibrido

A sostenere e spiegare la teoria di un sistema mediale ibrido è Andrew Chadwick, sociologo autore del libro The Hybrid Media System, che si inserisce in un lungo filone di studi sulla convergenza dei media nel paradigma digitale.

L’aspetto interessante di questa teoria è l’analisi del ciclo informativo alla luce dei rapporti di forza e influenza tra i media tradizionali e internet. Non solo nella riproposizione dei formati classici dei primi nel secondo, ma nel modo in cui la rete ha cambiato completamente il ritmo dell’informazione anche per giornali e televisione.

Quello che si osserva è un sistema in cui la tempestività di un tweet, una dichiarazione televisiva, l’intervista a un giornale pubblicato online, l’influenza d’opinione dei blogger di successo, si intersecano in un rapporto di reciproca influenza e utilità.

Le televisioni, ad esempio, non hanno tardato poi a inserire sezioni di lettura di commenti presi dal web, oltre ad ospitare rubriche di contenuto e, in casi spesso acerbi, a tentare commistioni più profonde, cercando di mutuare il linguaggio degli utenti nella scrittura delle trasmissioni.

Spettatori ibridi

La domanda sorge spontanea: di fronte a un simile turbinio mediatico fatto di riferimenti, fonti non citate, avvenimenti da chiarire e notizie pubblicate nella fretta di cogliere l’onda di interesse sui social network, cosa possono capire gli spettatori?

Tra i fenomeni legati alla disintermediazione si manifesta dunque un fenomeno che è stato chiamato “del doppio schermo” e che prevede che gli spettatori televisivi tengano in mano, durante la visione, anche smartphone o tablet, in modo da poter commentare e leggere in diretta cosa gli altri utenti pensano di quanto sta accadendo.

A questa attenzione frammentata e calante, si aggiunge l’affanno dei giornali nel pubblicare, sulle loro versioni online, contenuti che non rispecchiano i valori e la qualità della versione cartacea per fare leva sull’emotività degli utenti e capitalizzare sulla visualizzazione degli annunci pubblicitari.

Non mancano metodi meno ingenui di sfruttare le leve emotive a cui i social network ci hanno abituato. La piaga delle notizie false o incorrette è stata in grado, negli ultimi anni, di pilotare proteste, linciaggi, gogne mediatiche, elezioni presidenziali. 

Passi di danza

Nonostante l’impegno degli attori digitali nel prevenire la diffusione di fake news, discorsi di istigazione alla violenza e all’odio e nel fornire le coordinate per un’informazione di qualità, non mancano gli ambienti dove si raccolgono gli utenti espulsi dalle piattaforme più popolari e dove la disinformazione dilaga imperante.

Inoltre, la natura stessa degli algoritmi pone seri interrogativi su come i contenuti vengono scelti per l’utente. Se, infatti, siamo di fronte a un continuo rafforzamento delle nostre convinzioni e a uno stringersi della bolla di esperienze, lo dobbiamo alla natura opaca e commerciale di questi nuovi gatekeeper dell’informazione.

Quello del sistema mediale contemporaneo è un mondo che, giorno dopo giorno, segue passi di danza in continuo mutamento. Un imperativo per la civiltà digitale dev’essere quello di diventare consumatori informati riguardo ai meccanismi di filtraggio e scelta delle notizie.

Riusciremo a scongiurare l’eccessiva polarizzazione delle opinioni personali? Avremo mai un’informazione di qualità, diffusa e accessibile a tutti? Cosa possiamo fare per fermare i meccanismi di proliferazione dell’odio e dei contenuti falsi?

Ascolta l'ultima puntata del podcast di Civiltà Digitale



Ricevi aggiornamenti ed appuntamenti di Civiltà Digitale direttamente nella tua casella di posta